Half-Life: Alyx – Attraverso lo specchio

Ho finito Alyx l’11 febbraio 2021, una data che ha già superato quell’effetto di straniamento che danno i primi giorni di gennaio, quando ci si deve abituare a un anno nuovo. Eppure se lo avessi saputo una mezza vita fa, quando a scuola Blors – che compie gli anni proprio l’11 febbraio – mi passò una copia ovviamente pirata di Half-Life 2 come se fosse il sacro Graal non ci avrei mai creduto ad Alyx. Sinceramente, non avrei creduto di dover aspettare più di dieci anni per un nuovo capitolo della saga, non avrei mai e ripeto mai potuto pensare di giocarlo interamente in realtà virtuale e soprattutto che il mondo di gioco, l’immaginario di questa realtà che mescola il passato (l’occupazione militare, l’autoritarismo) e il futuro (alieni, mostri, armi fantascientifiche) potesse forse trovare proprio così il mezzo per affermarsi davvero, per diventare – ancora – il primo grande videogioco di un’era nuova. Dobbiamo parlare di molte cose, ci vediamo sotto.

Inutile girarci intorno: sì, ho preso un visore per la realtà virtuale. Come tanti di questi tempi ho pescato il Quest 2 per l’evidente rapportò qualità/prezzo, al momento imbattibile. Mi sono dotato di tutte le chincaglierie necessarie per godere dell’esperienza con il comfort dovuto e fin dal primo momento ho avuto con me un fidato cavo per collegarmi al PC. Non mi avete mai letto sbavante al pensiero della realtà virtuale e non lo sono mai stato fino a quando non è uscito Alyx. Ho carpito subito quel minimo sufficiente per capire che era una svolta schivando ogni sorta di spoiler e da quel momento ho saputo che in un modo o nell’altro sarebbe stato mio. Forse non pensavo nemmeno io che lo avrei fatto così presto, neanche un anno dopo l’uscita del gioco. Sono felicissimo che sia andata così.

Una delle prime cose che si legge quando ci si avvicina al gaming in realtà virtuale è: “aspettate prima di giocare ad Alyx, fate prima altro, titoli più vecchi, perché altrimenti vi guasterete tutto il resto”. Sì, l’idea comune è che questo titolo sia così più avanti rispetto ai colleghi di medium da far impallidire tutta la concorrenza. Si esagera? Probabilmente no, ma a questo punto direi che il problema non è solo per gli altri giochi VR, ma per un intero modo di vedere il videogioco. Ci arrivo con calma, tranquilli, quello che voglio anticipare è che sì, è vero, questo è il primo titolo del genere che inizio e finisco, ma prima di tornare a City 17 ho macinato decine di ore di dispositivo con ogni sorta di applicazione, dai giochi alle esperienze virtuali fino ai video immersivi. Questo genere di “allenamento”, sì, lo consiglierei a chiunque prima di tuffarsi in questo miracolo ludico, perché per quanto Alyx sia realizzato straordinariamente e possa essere a tutti gli effetti considerata l’applicazione perfetta per fare avvicinare i nuovi utenti alla realtà virtuale, arrivarci avendo già familiarità con i controller, con le possibilità di movimento che può dare il visore quando è usato in piedi, potrebbe essere davvero una svolta per godersi a fondo l’esperienza fin dai primi minuti.

Ma quando ci dici com’è?! Avete ragione, un’altra considerazione e poi parto. Non c’è niente da fare: si può immaginare la realtà virtuale e non allontanarsi eccessivamente dal risultato finale, è vero, ma non è davvero possibile spiegare a parole cosa significhi soprattutto se chi legge non ha mai indossato un visore. Non so nulla delle questioni tecniche che ci stanno dietro e di certo ci sono fiumi di persone che ne hanno scritto di più e meglio, ma una cosa la posso dire: immersi nella realtà virtuale, le cose si sentono fisicamente. Certo, è un’illusione, ma le prime volte quando capiterà di sbattere a grande velocità contro qualcosa – prima o poi un giro a Echo VR dovrebbero farlo tutti – le braccia e le mani sentono l’impatto, trasmettono al cervello esattamente quella sensazione e i muscoli si attivano per attutire il colpo come sanno fare, con quei fenomeni di memoria muscolare che sono una realtà. Può essere spaesante, credo anche che possa perfino non piacere, ma in ogni caso è una sensazione forte, che cambia tanto come si affronta un’esperienza. Io sono vorace e come potete bene immaginare ho cercato di provare ogni sorta di gioco e applicazione disponibile. Solo una cosa ho lasciato da parte: l’horror. Se riesco a spaventarmi giocando su uno schermo piatto nella luce del mattino, come può andare a finire con un visore in testa? Mentre installavo Alyx lo sapevo che avrei dovuto affrontare la questione, perché l’horror ha sempre fatto parte di Half-Life e se a posteriori considero un vantaggio essermi svezzato con così tanta classe, devo dire che alcuni momenti sono stati francamente terrorizzanti, in un modo radicalmente diverso. Un conto è scappare da qualcosa tenendo premuto W e Shift, un conto è sentire dietro di sé qualcosa che corre in uno spazio virtuale che dopo pochi minuti di gioco inizi a considerare sostanzialmente reale. Le reazioni istintive che avvengono durante queste esperienze sono sempre presentate come le cose più sorprendenti della realtà virtuale e non posso che unirmi al coro. Poche cose fanno dire ad alta voce “wow” come evitare le lame della morte chinandosi di scatto – nella realtà – e vederle che ci passano sopra la testa o schivare un mostriciattolo che ci salta addosso con lo stesso gesto con cui eviteremmo una pallonata, con uno scatto delle anche, con un riflesso.

Quindi sì, questo è – a detta di chi se ne intende e mi fido – l’apice raggiunto finora con questa tecnologia. Non ha senso parlare più di motion sickness, muoversi nel gioco è naturale in modo impressionante, l’interazione con gli oggetti e ciò che ci circonda è entusiasmante e fedele. Impugnare un pennarello e scrivere qualcosa su un vetro con la propria calligrafia mi ha colpito più di quanto possa sembrare detto così ed è solo l’inizio di una marea di piccole cose che a volte non si immaginano neanche di poter fare. So già che il mio secondo giro con Alyx – oh, sì, e non credo che sarà l’ultimo – sarà molto diverso dal primo anche solo per la dimestichezza che avrò fin da subito con ciò che posso fare, perché il bello salta fuori davvero quando si “think outside the box”. Per esempio, mi sono reso conto di aver aggirato un piccolo ostacolo di gioco con una soluzione inusuale che ha reso la cosa molto più semplice, sono curioso di vedere quante altre cose analoghe si possano fare ora che posso giocare senza vivere tutto quell’insieme di sorpresa/aspettative/immedesimazione che rende unica ogni prima run con qualsiasi videogioco memorabile. E Alyx è senza dubbio una pietra miliare.

Non sono la persona adatta per spiegare quanto Alyx sia più avanti di tutti gli altri giochi in realtà virtuale e sono certo che se il tema vi interessa possiate trovare milioni di parole in merito, ma una cosa mi sento di poterla dire anche io: Alyx non è solo il miglior gioco vr in circolazione, è un ottimo gioco in sé e per sé. Anzi, mi sento di poter dire che ora come ora è il gioco imperdibile, quello da fare subito per chiunque ami i videogame e lo scrivo rendendomi perfettamente conto di quanto i limiti dell’hardware siano un problema. Non voglio ignorare il fatto che per giocare ad Alyx servano un mucchio di soldi, anche solo per il visore e il cavo considerando di avere già un gran bel computer a disposizione e capisco come questo inibisca un mare di persone. Che senso ha interessarsi a qualcosa che si considera sinceramente fuori dalla propria portata anche solo per un periodo ragionevolmente lunghetto? A riguardare i temi che hanno dominato il gaming degli ultimi mesi confesso di essere abbastanza stupito nel vedere come questo ultimo capolavoro di Valve abbia ricevuto in proporzione pochissima attenzione rispetto a quella che meritava, ma, ancora una volta, mi rendo conto che è perfettamente comprensibile: così vanno le avanguardie. Non credo possibile che Valve abbia deciso di investire così tanto su questo progetto se non fosse stata certa del risultato: Alyx continueremo a giocarlo per sempre, anche solo grazie al fiume di mod che sta arrivando già in questo primo anno e che credo non si fermerà mai. Esattamente come accade ancora con Half-Life 2.

Eh sì, perché Alyx non è un gioco ambientato nel mondo di Half-Life, è un vero e proprio Half-Life ed è grandioso! Lo so che ormai è diventato un meme, ma quanto abbiamo voluto giocare a un nuovo capitolo di questo franchise leggendario? Perché lo volevamo? Per la miscela unica di sfida, novità, narrazione esaltante che Valve è sempre riuscita a condensare nei videogiochi che hanno avuto come protagonista Gordon Freeman. Il fatto che qui si impersoni Alyx non è un modo per aggirare l’ostacolo, per rimandare ancora una volta quel “3” che ormai è diventata un’ossessione, ma una nuova via per far vivere il franchise in modo brillante. Ci sono mille teorie in giro per la rete in merito, ma di sicuro è meglio andare a cercarle solo dopo aver concluso questo viaggio, perché spoilerarsi gli eventi e il finale – secondo me, il migliore di sempre per Half-Life – sarebbe un crimine anche se credete di non poter giocare ad Alyx ancora per anni. Qui rinasce tutto, riparte tutto, con una tecnologia che permette nuove soluzioni e, si è già visto, ha evidentemente scatenato la creatività negli uffici di Valve, con tutta una serie di intuizioni, meccaniche, idee che segnano con prepotenza lo stato dell’arte per il gaming in realtà virtuale. Diciamo che inizia una nuova era per il videogioco e in particolare per il mondo straordinario di Half-Life. Uno dei rimpianti più grandi durante questi anni di silenzio, infatti, è stato quello di non scoprire di più su quell’universo narrativo geniale che ci è stato mostrato come fatto e finito in modo grandiosamente coerente. Io non so voi, ma voglio sapere tutto su quello che è successo nel mondo dopo l’invasione, voglio sapere se la Resistenza è attiva anche altrove, voglio combattere i combine nelle giungle del Sud America o tra le rovine di Barcellona, voglio giocare quelle sei maledette ore che sono servite per invadere la Terra! Immaginate cosa significa vivere l’invasione e la sottomissione del pianeta, magari nei panni di altri personaggi, in altri luoghi. Il potenziale narrativo e di gioco di questo franchise è da vertigine anche lasciando da parte per un attimo la storyline principale e i personaggi che già amiamo. Alyx mi ha dato soprattutto questo, la meraviglia di vivere in quel mondo, tra i corridoi dei condomini sovietici in rovina, attraversando le strade e i vicoli di un mondo che è stato cristallizzato e convertito in una specie di gigantesco campo di concentramento. La cosa più pazzesca è proprio questa: ritrovarsi dentro un mondo che negli anni ho rivoltato come un calzino tra titoli ufficiali e una pioggia di mod. Va bene, io amo Half-Life, ma vi assicuro che ritrovarsi davanti le lame della morte trasmette proprio quella sensazione che immaginavamo che potesse suscitare anni e anni fa, quando era necessario fare quel passaggio tutto cerebrale in più per sentirsi braccati. Qui c’è da girarsi di scatto, schivare, chinarsi proprio come faremmo al pensiero di avere un tagliaerba volante che ti punta dritto in faccia. Mi è scappato più volte un “aaah!” ad alta voce quando mi sono arrivate addosso, anche se l’input sensoriale era soltanto la vibrazione impazzita dei controller. E cosa dire dei succhiateste, quei maledetti headcrab che sono grossi come dei cani e che ho sempre immaginato più piccoli. Come descrivere la sensazione di ritrovarsi in una stanza stretta con tre di loro che avanzano lentamente verso di te e lo sai che stanno per balzarti addosso e – clic – devi ricaricare. Bisogna provarlo per godersi tutta la soddisfazione che dà fare una sequenza perfetta di colpi, risolvere una situazione con l’intuito o solo grazie ai riflessi e non credo di volere aggiungere altre parole quando davvero c’è solo da tuffarsi. Anche perché il mondo che hanno costruito alla Valve è magnifico e credo di aver passato diverse ore anche solo a guardarmi attorno, a interagire con gli oggetti, a giocare con la fisica. Sono stato dentro a uno dei miei videogiochi preferiti, ho sudato nascondendomi dietro a barili lanciando granate contro combine corazzati che cercavano di aggirarmi, ho riso per le solite trovate geniali, mi sono commosso e insomma ho avuto tutto quello che potevo sognare di avere da un nuovo Half-Life. Sì, lo so che sembra che stia esagerando, ma sono sincero.

Se la gravity gun ha segnato una generazione, i guanti gravitazionali – i Russell – sono una svolta per il medium. Non c’è da stupirsi che una delle mod più amate per Skyrim VR sia quella che introduce questa figata atroce: guanti magnetici che attirano gli oggetti attorno a noi con un semplice scatto del polso, una delle cose più intuitive che abbia mai provato e una vera rivoluzione che permette di rendere il gioco in realtà virtuale estremamente più fluido, veloce e comodo. Dopo un po’ non ci si fa più caso, ma se penso a come sono arrivato a eseguire certi movimenti alla fine del mio primo viaggio un po’ ci rimango: raccogliere una granata mentre sta per esplodere e rilanciarla, mollare un caricatore vuoto ed estrarre dallo zaino quello nuovo per ficcarlo nella pistola in un lampo, afferrare uno stimpak e piantarmelo in pancia mentre controllo le munizioni delle armi. I movimenti diventano naturali perché sono naturali, perché basta fare ciò che faresti se fosse reale. Più ti immedesimi e meglio sarà e questo vale soprattutto per le sparatorie: l’esperienza fisica di uno sparatutto è una delle cose più forti che mi rimangono di questo gioco e sarà così soprattutto perché è un po’ la mia prima esperienza con il genere in realtà virtuale, è vero, ma è comunque resa divinamente e poche volte mi sono sentito una bomba atomica come quando mi sono ritrovato ad aspettare un combine dietro una parete per poi sparargli in faccia con un fucile a pompa a mezzo metro di distanza. E non mi perdo sulle possibilità che si possono immaginare con questi strumenti tra le mani perché in fondo preferisco godermi tutto quello che arriverà con lo stupore un po’ ebete di chi vede il mare per la prima volta. Per favore Valve, non farci aspettare e daccene ancora. Non dico niente, giuro, ma non lasciarci di nuovo appesi così per anni. Vorrei sognare un Alyx ogni anno, so che non è verosimile ma ci voglio credere. E non è che mi aspetto dei grandi giochi in VR solo da Valve, anzi, è che qui è garantita una qualità, soprattutto narrativa, che non ha rivali. Forse qualcuno di voi si ricorderà che tanto tempo fa si parlò a lungo dell’acquisizione da parte di Valve di Campo Santo, gli sviluppatori dell’ottimo Firewatch. Nel mio piccolo segnalai la notizia qui. In tanti gioimmo pensando che il matrimonio potesse essere fruttuoso, ma dopo poco iniziammo anche a immalinconirci quando fu chiaro che non ci sarebbe più stato futuro per progetti intrigantissimi come In the Valley of Gods. Ora possiamo tornare a esultare perché abbiamo una risposta alla domanda “ma cosa mai li hanno messi a fare?”: Alyx. Già, e la scelta non è per nulla un caso, dato che gran parte della narrazione è affidata proprio al rapporto a distanza tra la nostra Alyx e Russell, che era alla base della toccante storia del guardaboschi più emozionato della storia del videogame. Inutile dire che è stata la mossa giusta.

Le immagini che accompagnano questa mia umile recensione sono tutte di repertorio, perché non mi sono neanche interessato a capire come fare degli screenshot di ciò che vedevo mentre giocavo: avrei passato metà del tempo a scattare foto e magari lo farò al terzo giro, se proprio avrò ancora voglia. In ogni caso vedere queste immagini è bello, sì, ma rischia di essere fuorviante, perché fa saltare tutto ciò che rende la realtà virtuale non tanto una curiosità costosa per gente che ormai ha giocato a tutto il giocabile, ma la strada da seguire per un mucchio di generi. Che senso avrà d’ora in poi giocare un immersive sim o un qualunque gioco stealth su uno schermo piatto? Che senso avrà fare il prossimo Resident Evil non in VR?! Un qualsiasi horror su schermo a partire da questo momento sarà francamente un’occasione persa. Ma non solo prima persona, penso a un Tomb Raider o più in generale a qualsiasi avventura che abbia l’ambizione di unire l’azione a quel profumo di cinema che entusiasma sempre il giocatore. C’è tutta una fetta di gaming che otterrebbe benefici enormi passando in VR e in fondo c’è solo da aspettare che i device si diffondano, continuando a migliorarsi a un ritmo davvero impressionante come stanno facendo, per vedere cosa ci aspetta il futuro. Anche perché la prima domanda che mi sono fatto quando ho finito Alyx è stata: come si torna indietro? Come posso immaginare d’ora in avanti un nuovo Half-Life altrimenti che in realtà virtuale? Ma soprattutto, lo vorrei? Ora che ho mangiato mezza mela con un morso solo, come faccio a tornare indietro, a fare finta di niente? Siamo fortunati che Valve è così grossa, grassa e opulenta che non ha bisogno di rincorrere il mercato e può serenamente essere avanguardia in un momento in cui c’è un oceano da esplorare e servono matti pronti ad andare per primi… ad alzare il livello. Non mi sentivo così carico per un prodotto culturale da quando ero adolescente e vorrei correre nelle vostre case, una per una, per cacciarvi in testa un visore e farvi sparare a un combine. Lo so, sarei da denunciare, ma sono sicuro che alla fine mi ringraziereste. Gabe Newell scrisse proprio nella prefazione di Raising the Bar questa frase: “Un gioco single-player è un film che crei in collaborazione con il giocatore, dove l’attore protagonista non ha un copione”. Credo sia questa visione a rendere così memorabile ogni singolo Half-Life che ho giocato e alla fine non ho mai avuto il minimo dubbio che con Alyx potesse andare diversamente. Non aspettate, vale fino all’ultimo centesimo.

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