Bioshock 2 – Io e la mia trivella

– Almeno tu hai un cuore – disse l’Uomo di Latta – io no. Per questo faccio un lungo viaggio: per chiedere al Grande Oz di darmi un cuore.

(Il Mago di Oz, 1939)

Ricordo ancora la voce piena di disgusto della Tennenbaum quando parlava dei Big Daddy, di questi scafandri semoventi e del loro fetore. Ho odiato profondamente la loro forza, i loro muggiti disumani. Affrontandoli, non avrei mai detto che al loro interno potesse esserci qualcosa di umano, anzi, ho perfino creduto che fossero artificiali, robotici. Mi sbagliavo. Su tutto. Mi è piaciuto molto di più essere un Big Daddy che Jack.

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Sono passati sei mesi dalla mia prima gita a Rapture. Devo dire che non è cambiata moltissimo. Non sono tornato negli stessi posti e in effetti la situazione si è fatta un po’ più tragica, ma la sensazione è quella di tornare in un luogo familiare, che ho imparato a conoscere con tutte le sue follie e i suoi pericoli. Questa volta la missione è diversa, come lo sono i presupposti, ma si intuisce in fretta che questo secondo capitolo della fortunatissima serie 2K non fa della narrativa il suo punto di forza. Secondo la mia modesta opinione, la storia del primo Bioshock è più bella, più importante. Nonostante questo, però, c’è da ammettere che la trama del secondo fila liscia, quasi più agile di quella del blasonato predecessore. Questo secondo capitolo brilla invece nel gameplay, assolutamente superiore rispetto a quello che ho potuto tastare l’ultimo inverno.

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Bisogna dirlo fin da subito: c’è stato un cambio di team creativo. Bioshock 2 è il capolavoro della squadra che poi darà vita a Dishonored e non si può sottovalutare il lavoro fatto sull’espansione Minerva’s Den dagli sviluppatori di Gone Home. Con questo non ho nessuna intenzione di sminuire l’operato di Irrational Games, i papà del fondamentale System Shock 2 e del primo e terzo capitolo della trilogia di Bioshock, ma posso dire fin da subito che Bioshock 2 mi è piaciuto di più della prima immersione nel delirio di Andrew Ryan.

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Questo è uno sparatutto tattico e per quanto sia lapalissiano deve farci sparare pensando a come farlo. La formula è ancora quella del primo gioco, ma rifinita. Le piccole imperfezioni sono state levigate ed è stato aggiunto qualcosa di più, che non è fine a se stesso. Punto primo: è stata spazzata via la questione del crafting (grazie a tutti gli dèi dell’Olimpo!) che nel primo Bioshock intasava il gioco, già soffocato dalla quantità abnorme di looting. Quest’ultima cosa invece non cambia: ci sono ancora un mare di casse da saccheggiare, ma so che dispiace solo a me. Raccogliere oggetti e munizioni appaga il giocatore e lo rinfranca. Punto secondo: finalmente i plasmidi spaccano. Ho finito il primo con quattro poteri e poca voglia di aggiungerne altri, qui invece ogni mossa della mano sinistra è stata una goduria e soprattutto bisogna scegliere, perché gli slot sono limitati. Questo ovviamente cambia gli stili di gioco in modo netto, rendendo molto ma molto più efficace la scelta di affiancare le armi da fuoco a a quelle che non si possono chiamare in modo diverso che magie. Punto terzo: la questione dei perk è stata decisamente migliorata, mantenendo una grande abbondanza e diversificando parecchio gli upgrade che si possono scegliere per il proprio bestione semovente. Il senso di progressione è decisamente più soddisfacente. Ultimo punto: i minigame per aggirare porte e torrette sono molto più semplici ed effettivamente più funzionali. Al trecentesimo tubo del primo Bioshock ci eravamo stancati tutti, ammettiamolo.

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Ancora una volta la parte del leone le fanno le mappe, tra le più belle che abbia visto finora in un gioco del genere. Già nel primo capitolo ero rimasto impressionato dalla cura per questi labirinti pieni di segreti, ma c’è da dire che qui il lavoro è stato ancora migliore. Il merito va anche a una nuova impostazione dei livelli. Al canonico sistema “due o tre big daddy più il boss”, si aggiungono le situazioni in cui bisogna proteggere le sorelline dagli attacchi dei devianti. Qui la costruzione delle mappe viene sfruttata fino in fondo, proponendo sempre situazioni diverse per il giocatore, per allestire difese e ideare una strategia difensiva efficace. Tattica e strategia, quindi, che vanno a sopperire a un difetto storico della serie: la scarsissima fisicità di quello che gli anglosassoni chiamano gunplay, che raggiunge minimi preoccupanti con alcune armi nuove, come la sparachiodi, tanto intrigante quanto “anestetizzata”: a volte non ci si rende conto se il colpo è partito o meno e questo in uno sparatutto è un difetto grave.

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Parlando di difetti non posso che segnalare affranto che nessuno si è reso conto che la storia delle sorelline è rivoltante. Anzi, dato il nostro nuovo avatar, non è difficile immaginare che le piccole abbiano un ruolo centrale. C’è da dire che almeno, visto che ne siamo i protettori, diventa tutto un attimo meno scabroso, anche se rimane comunque la possibilità di ucciderle per rubare più adam possibile. Questa piccola disgrazia si aggiunge a quello che ritengo sia il peccato capitale del gioco e che affossa sensibilmente il mio giudizio finale sull’intera operazione: Bioshock è in realtà una falsa trilogia. Infatti il primo e Infinite sono in continuity mentre il secondo è come uno spin-off.

 

ATTENZIONE SPOILER! SPOILER! SPOILER!

 

Non c’entriamo nulla con Jack, il protagonista del primo gioco, anche se si fa di tutto per cercare di farci credere che sia così. Siamo “Johnny dalla superficie”, un subacqueo perdigiorno che ha trovato Rapture per caso durante le sue scorribande sottomarine. Ridicolo, vero? Dietro a questa scelta ci sono losche storie di diritti e di rancore cieco del team creativo del primo capitolo, che si è sentito – in finale, giustamente – estromesso dall’editore e perciò ha negato la possibilità di costruire qualcosa in continuity. Certo, il gioco sta in piedi, fa continuamente riferimento al mondo del primo capitolo ma sapere che le nostre azioni sono tutto sommato ininfluenti – e non se ne terrà conto nel capitolo conclusivo! – lascia un po’ di amaro in bocca.

 

FINE SPOILER! FINE SPOILER!

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Graficamente nulla è cambiato. Perfino i font e il menu di gioco, per quanto sembrassero già datati al tempo del primo, sono rimasti identici. I modelli dei devianti sono ancora identici e – fatta eccezione per le Big Sisteron – non ci sono state nemmeno aggiunte nella fauna degli abitanti di Rapture: i nemici sono sempre gli stessi, con le stesse abilità e caratteristiche. Purtroppo resta ancora anche la storia della macchina da presa, ma questa volta la cosa è stata resa un minimo più leggera, anche se personalmente lo ritengo ancora un elemento più dannoso che inutile, che distrae il giocatore con la scusa di incoraggiarlo a provare nuove soluzioni per sbarazzarsi dei cattivoni di turno. Sempre uguale anche la storia delle registrazioni, che però hanno decisamente meno mordente di quelle che accompagnavano il viaggio di Jack in Bioshock.

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Nota di merito particolare per l’espansione Minerva’s Den che propone due livelli più boss finale di altissima qualità, proponendo un’ulteriore spin-off che spinge davvero a reinventare le proprie strategie d’attacco con un’idea semplice quanto efficace: rimescolare l’ordine con cui si trovano armi e plasmidi, rovesciando il sistema classico. Troveremo elettroscarica verso la fine e l’ultima arma che raccoglieremo sarà il classico mitra, il più abusato in tutti gli sparatutto. La storia è ben costruita, come lo è la mappa di gioco, con un uso astuto di un leggerissimo backtracking per far valere al massimo l’ambientazione per forza di cosa ridimensionata rispetto ai titoli principali.

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Si può dire che i cambiamenti tra il primo e il secondo Bioshock non sono eclatanti e che in sostanza c’è una grande aria di “more of the same”, eppure se ripenso a sei mesi fa, non posso che ammettere quanto sia stato più piacevole finire questo secondo viaggio sottomarino. Per quanto Bioshock sia diventato celebre – e a ragione – per la sua storia e l’ormai mitologico plot twist, ho preferito l’approccio più da videogame, più ludico dei membri di Arkane Studio. Almeno per me il franchise è in crescendo e spero che il capitolo finale sia degno dei suoi predecessori. In finale comunque, no, non mi sono innamorato di Bioshock, ma sto iniziando a capire come mai sia diventato il riferimento per gli sviluppi attuali del genere e certamente non posso negare di essermi divertito parecchio a schivare artigli e lanciare razzi. E soprattutto a trivellare la testa dei miei nemici.

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